STRILLI.IT 21 GENNAIO 2009
Zoomafia: così le cosche calabresi sfruttano gli animali
di Claudio Cordova
Di spirito imprenditoriale, le cosche, ne hanno davvero tanto.
Sanno che ogni cosa può essere utilizzata per fare quattrini. Da parecchio tempo, per esempio, hanno capito che anche gli animali, sì, gli animali, se sfruttati nel modo giusto, possono costituire una fonte sicura e cospicua di guadagno.
Cosè la zoomafia?
Settore della mafia che gestisce attività illegali legate al traffico o allo sfruttamento
degli animali, questo dice il vocabolario
Attenzione però: ogni attività delle cosche, oltre a costituire guadagno economico, assicura,
parimenti, un controllo sul territorio, necessario e, per questo, sempre estremamente asfissiante.
UNA MONTAGNA DI SOLDI
Soldi e animali sfruttati.
I soldi arrivano, in particolare, dalle scommesse clandestine: secondo lEurispes, il mercato illegale delle scommesse illecite raccoglie circa 6.500 milioni di euro contro i 2.200
provenienti dalle scommesse legali.
Si tratta di un business estremamente articolato: combattimenti illegali tra cani, corse di
cavalli dopati, truffe ai danni dellErario, dellUE e dello Stato, traffico illegale di medicinali, furto di animali da allevamento, falsificazione di documenti sanitari, fino al gravissimo reato di
diffusione di malattie infettive, attraverso la commercializzazione di carni e derivati, provenienti da animali malati.
Così si fanno fanno soldi. Tanti soldi.
Secondo Ciro Troiano, che ha stilato il recente rapporto Zoomafia 2008 della LAV, lintroito complessivo della zoomafia si aggirerebbe intorno ai tre miliardi di euro.
Tra i reati, il più crudo e violento è, sicuramente, quello che riguarda i combattimenti tra cani. Si tratta di un business da 300 milioni di euro annui, attenzionato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria già dal 2004. I cani vengono maltrattati e addestrati alla cultura dellodio, in modo tale da poter essere spietati nel corso dei combattimenti. Proprio da uninchiesta calabrese, curata dalla DDA di Reggio Calabria, è nata la prima operazione di polizia che ha portato all'arresto, in Italia nel 2004, di 13 persone con laccusa di
associazione per delinquere finalizzata allorganizzazione di combattimenti tra cani.
E si scommette. Soldi, tanti soldi.
I CAVALLI DELLA FAMIGLIA LABATE
Si scommette sui combattimenti tra cani, ma si scommette anche sulle corse clandestine di cavalli.
A Reggio Calabria i signori incontrastati di questa attività sono tutti elementi riconducibili al clan Labate, operante nella zona sud della città. E, in particolare, loperazione della Polizia di Stato, del 24 luglio del 2007, denominata Gebbione (la sentenza di primo grado, per coloro che hanno scelto il rito abbreviato, è arrivata alcuni giorni fa) a svelare le attività del sodalizio criminale reggino, che allevava i propri cavalli, anche tramite la somministrazione di farmaci, e organizzava corse clandestine, che si svolgevano nella zone del Gebbione, Saracinello, Pellaro e San Leo, scommettendo sullesito di tali competizioni.
E alcuni individui sono proprio accusati di violenze nei confronti degli equini, poiché si legge nellordinanza - sottoponevano numerosi cavalli di cui avevano la disponibilità o la
proprietà a maltrattamenti, addestrandoli e facendoli correre in condizioni non adeguate alle loro caratteristiche ecologiche, nonché somministrando agli stessi farmaci con modalità dannose per la loro salute, con lintento di migliorarne le prestazioni agonistiche. In particolare, i cavalli venivano maltrattati si legge ancora nellordinanza del Gip Natina Pratticò - mediante la somministrazione agli animali di sostanze dopanti, quali sostanze antipiretiche, analgesiche e anti-infiammatorie: Finadyne e Tilcotil; sostanze che agiscono sul sistema respiratorio: Bentelan e Nasonex; sostanze che agiscono sul sistema emolinfatico e sulla circolazione sanguigna: eritropoietina; Eprex; Sodio Bicarbonato. Tutto a opera di soggetti non qualificati e spesso senza il diretto controllo del veterinario e comunque non in funzione del benessere dellanimale, ma in funzione del miglioramento delle sue prestazioni agonistiche.
Inoltre i cavalli venivano ulteriormente maltrattati perché venivano fatti correre su superfici rigide (strade pubbliche asfaltate) non adeguate alle loro caratteristiche ecologiche, con conseguenze dannose per la loro struttura muscolo-scheletrici; essi, inoltre venivano sottoposti a prelievi di sangue dopo gli allenamenti, per migliorarne le prestazioni
agonistiche.
Limpianto accusatorio (confermato, peraltro, nella sentenza di alcuni giorni fa) sostiene, inoltre, che i proventi di tali attività venissero impiegati in modo da acquisire società, beni
immobili ed attività commerciali, poi gestite in modo occulto per mezzo di prestanome.
Si tratta di unattività che coinvolgeva entrambe le città dello Stretto, Reggio e Messina, dato che la cosca si avvaleva delle consulenze, in relazione a farmaci da somministrare agli animali per migliorarne le prestazione, di un docente, con studio ambulatoriale a Reggio, della Facoltà di Veterinaria, presso lUniversità degli Studi di Messina.
Vincite che si aggiravano intorno a 200mila euro. Una storia andata avanti fino allottobre del 2006.
I MACELLAI
Gli animali sono utili (e redditizi) da vivi, ma possono fruttare un bel gruzzolo anche da morti.
Ci si deve spostare a Melito Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria, nel regno degli Iamonte, che, da semplici macellai, senza abbandonare il proprio settore dappartenenza, hanno messo su un impero. E, in particolare, loperazione del 4 febbraio 2007, condotta
dalla Polizia su input dei pm Cutroneo e De Bernardo, denominata Ramo spezzato, a svelare i traffici illeciti di alcuni individui, con riferimento alla commercializzazione di carni di illecita provenienza e non a norma dal punto di vista sanitario.
Nellordinanza di custodia cautelare, firmata dal Gip, Santo Melidona, tale attività di commercializzazione viene definita un inquietante traffico di animali destinati alla macellazione e di carni destinate al consumo umano al di fuori di unogni controllo, previa formazione di documentazioni sanitarie false, in alcuni casi di animali affetti da gravi malattie,
con potenzialità di gravissimo ed incontrollato pregiudizio per la salute dei consumatori.
Linchiesta, durata quasi due anni, ha portato allarresto, tra gli altri, anche di Carmelo Iamonte, di 42 anni, figlio del boss Natale Iamonte, e a sua volta considerato dagli
investigatori il capo della cosca, e di un dirigente medico dellAzienda sanitaria di Melito Porto Salvo. Nel corso delloperazione, la polizia ha poi effettuato il sequestro preventivo di aziende facenti capo a presunti esponenti della criminalità organizzata ed operanti nel settore dellallevamento, della lavorazione, della vendita allingrosso e dettaglio di animali e carni macellate.
Purtuttavia, i due capi carismatici, Antonino e Carmelo Iamonte, non si vedono contestati tali
reati. I personaggi indagati, il commerciante Sergio Borruto in particolare, avrebbero agito per contro proprio, rivendendo le carni guaste alle macellerie riconducibili alla cosca, senza che questa ne fosse al corrente.Antonino e Carmelo Iamonte sono stati di recente scarcerati per decorrenza della custodia cautelare.Ma questa è unaltra storia.
Anche in questo caso, comunque, laffare frutta un mucchio di quattrini. Ecco, così come si può leggere nellordinanza Ramo Spezzato, il meccanismo, oleato e infallibile messo in atto da alcuni commercianti: gli animali sono malati e vengono trasportati insieme ad un esemplare deceduto; il bestiame non è stato sottoposto ad alcun controllo ed infatti non è accompagnato dalla documentazione attestante lavvenuta sottoposizione ai prescritti controlli sanitari (cedolino o passaporto), che pure gli indagati cercano, fino allultimo momento,
di reperire, senza riuscirvi. E chiaro che gli indagati sono ben consapevoli delle condizioni in cui si trovano gli animali e, quindi, della pericolosità delle loro carni.
Un settore, quello della macellazione, nel quale la cosca Iamonte da sempre regna sovrana: E emerso, dalle sin qui esplorate attività criminose, - si legge ancora nellordinanza - come uno dei settori di interesse più significativo della organizzazione indagata sia costituto dal commercio delle carni, realizzato anche mediante lacquisizione con sistemi estorsivi di
macellerie e la fraudolenta intestazione a terzi della formale titolarità delle medesime (per levidente finalità di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniale)".
E' SOLO BUSINESS
Di industrie, e quindi di sviluppo, in Calabria ce ne sono davvero poche. Essa, si sa, è una terra povera essenzialmente dedita allagricoltura e alla pastorizia. Si spiega anche così il reato di pascolo abusivo, come è possibile leggere nel Rapporto Zoomafia
2008: Allinizio del mese di agosto 2007, ventitre bovini tra adulti e giovani sono stati sequestrati dal Corpo forestale dello Stato in provincia di Reggio Calabria. Loperazione è stata portata a termine nel Comune di Santo Stefano dAspromonte, finalizzata alla repressione del pascolo abusivo. Lattività è partita dalle segnalazioni che indicavano la presenza di bovini vaganti nella zona dl villaggio turistico di Gambarie (Reggio Calabria). Loperazione, scattata alle prime luci del giorno, ha coinvolto il personale dei comandi stazione di Gambarie e di San Luca del Corpo forestale dello Stato. I bovini pascolavano indisturbati allinterno di un bosco di castagno di proprietà della Regione Calabria. Contemporaneamente al sequestro degli animali, sono partite le indagini del caso per risalire ai proprietari, identificati poi in un 42enne e un 65enne residenti entrambi a San Luca (Reggio Calabria). Gli uomini sono stati denunciati a piede libero per pascolo abusivo e danneggiamento della vegetazione in area protetta.
Insomma, sfruttare gli animali in maniera illecita, in Calabria (ma anche nel resto dItalia), è un affare da migliaia di euro. Con il tempo, peraltro, la tendenza sta acquistando maggiore
spazio e, nel giro di alcuni anni tale crimine potrebbe diventare una regola come il commercio di sigarette di contrabbando in passato e quello della droga adesso.
Sfruttando gli animali si fanno soldi.
Poco importa che, oltre a commettere un crimine nei confronti dello Stato e della collettività lo si commetta anche contro la natura.
E solo business.
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giovedì 22 gennaio 2009
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