IL SECOLO XIX 28 MARZO 2009
Il Canada dà il via alla mattanza dei cuccioli di foca
Saranno abbattuti 280 mila esemplari
Protesta degli ambientalisti. E a contifatti si scopre che la caccia costa più soldi di quanto effettivamente renda
Alessandro Arado
E' ripartita lunedì scorso in Canada, come succede ogni anno, la mattanza delle foche. Prima tappa di un percorso di morte che alla fine della stagione porterà all'abbattimento di 280 mila
esemplari (5 mila in più del 2008, 10 mila in più rispetto al 2007) nel Golfo di San Lorenzo. Poi proseguirà per la costa settentrionale sull'isola di Terranova e il Labrador.
Il portavoce del dipartimento di pesca canadese, Phil Jenkins, ha detto che una ventina di
imbarcazioni si sono già avventurate tra i ghiacci mentre via terra si sono messe in cammino squadre di caccia specializzate.
La quota stabilita dalle autorità governative rappresenta, secondo studi effettuati, una "perdita sostenibile" per la popolazione di questi mammiferi per quanto riguarda il territorio del Canada.
Negli ultimi quattro anni sono stati uccisi oltre un milione di cuccioli di foche groenlandesi. Il governo canadese non vuole saperne di fermare la caccia né di dare informazioni e risposte alle numerose domande indignate sollevate dal mondo intero.
Negli ultimi anni, per tentare di placare le furiose polemiche che ogni anno divampano in gran parte del mondo e rendere la controversa strage "più umana", il governo ha definito nuove norme: ai cacciatori è richiesto di tagliare le arterie sotto ciascuna pinna delle foche, per assicurarsi che siano morte prima che vengano scuoiate! Nessun riferimento agli strumenti di morte utilizzati, vale a dire mazze e bastoni chiodati, con cui i cacciatori colpiscono sulla testa gli inermi animali.
Nonostante le proteste, il governo canadese non demorde, anzi contrattacca, e difende la sua
scelta. Secondo un rapporto del 2002 del Canadian Veterinary Journal, la «il 98 per cento delle foche vengono uccise in modo accettabile e umano». Il Dipartimento Federale della Pesca e degli Oceani cita questo studio come prova contro le accuse di crudeltà diffusa.
Numerosi sono i gruppi ambientalisti (molti canadesi) che si oppongono a questa visione, sostenendo che la caccia al più numeroso gruppo di mammiferi marini del mondo è crudele, difficile da monitorare, devastante per la popolazione delle foche ed è antieconomica. «I mercati per questi prodotti stanno sparendo - spiega Sheryl Fink dell'Ifaw (Fondo
internazionale per il benessere degli animali) - e il prezzo delle pelli è drasticamente diminuito. Nel 2006 il loro valore era di 102 dollari, nel 2007 si era scesi a 50, nel 2008 a 30. Quest'anno, anche se non si tratta di cifre ufficiali, non dovrebbero superare i 20-25 dollari. Se così fosse, per un cacciatore non sarebbe economicamente opportuno prendere il mare».
Inoltre sarebbero migliaia le pelli invendute nei magazzini di molte compagnie a causa del contrazione del mercato.
Questi sono in parte i primi effetti delle posizioni che sempre più nazioni stanno prendendo nei confronti della caccia alla foche, in testa a tutti l'Unione Europea, che ha deciso di appoggiare
un documento che mette al bando i prodotti di foca e i suoi derivati.
Nel divieto sono inclusi carne, olio, grasso, organi, pelli non conciate e pellicce, articoli come stivali, borse, guanti, cappelli, come pure i prodotti parafarmaceutici venduti come Omega 3 acido grasso e acido aggiunto.
Rebecca Aldworth della Humane Society International of Canada spiega come la caccia sia sconveniente da un punto di vista economico anche per i soldi che ogni anno Ottawa spende a causa della mattanza. «Oggi il governo canadese paga per prestiti all'industria, per il marketing dei prodotti di foca, per mandare in Europa e nel mondo delegazioni che difendano la caccia. Ma paga anche perché i rompighiaccio della guardia costiera liberino la strada ai pescatori e
ovviamente per le operazioni di soccorso delle barche che rimangono imprigionate nel ghiaccio. Tutto questo costa alcuni milioni di dollari ogni anno ai contribuenti canadesi, più di quanto, dal mio punto di vista, la caccia faccia guadagnare». La conferma arriva indirettamente
dal ministro per la Pesca Gail Shea: «Cinque milioni e 600 mila dollari rappresentano solo una piccola parte delle entrate per il Canada».
Viene da chiedersi allora perché la caccia alle foche vada avanti in Canada, quando anche la Russia pensa di mettere fine a questa pratica come ha annunciato recentemente il presidente Putin.
Questi sono in parte i primi effetti delle posizioni che sempre più nazioni stanno prendendo nei confronti della caccia alla foche, in testa a tutti l'Unione Europea, che ha deciso di appoggiare
un documento che mette al bando i prodotti di foca e i suoi derivati.
Nel divieto sono inclusi carne, olio, grasso, organi, pelli non conciate e pellicce, articoli come stivali, borse, guanti, cappelli, come pure i prodotti parafarmaceutici venduti come Omega 3 acido grasso e acido aggiunto.
Rebecca Aldworth della Humane Society International of Canada spiega come la caccia sia sconveniente da un punto di vista economico anche per i soldi che ogni anno Ottawa spende a causa della mattanza. «Oggi il governo canadese paga per prestiti all'industria, per il marketing dei prodotti di foca, per mandare in Europa e nel mondo delegazioni che difendano la caccia. Ma paga anche perché i rompighiaccio della guardia costiera liberino la strada ai pescatori e
ovviamente per le operazioni di soccorso delle barche che rimangono imprigionate nel ghiaccio. Tutto questo costa alcuni milioni di dollari ogni anno ai contribuenti canadesi, più di quanto, dal mio punto di vista, la caccia faccia guadagnare». La conferma arriva indirettamente
dal ministro per la Pesca Gail Shea: «Cinque milioni e 600 mila dollari rappresentano solo una piccola parte delle entrate per il Canada».
Viene da chiedersi allora perché la caccia alle foche vada avanti in Canada, quando anche la Russia pensa di mettere fine a questa pratica come ha annunciato recentemente il presidente Putin.
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